Gute Gelaufen e Good Gym rappresentano le possibilità d’implementazione delle pratiche individuali in un progetto sociale; grazie alla rete sociale.

Se nella prima parte abbiamo illustrato quelle che sono le linee generali del progetto Good Gym, in questa seconda parte scendiamo nel merito per comprendere come si struttura questo interessante progetto sociale che ha trovato anche a Berlino un’iniziativa analoga. In attesa che anche in Italia nasca qualcosa di questo tipo.

Good Gym si avvale di due strumenti per l’organizzazione del suo progetto; un portale web sul quale effettuare gli aspiranti runners possono registrarsi, e una rete sociale costruita con le associazioni di volontariato del territorio.

Proprio dalle associazioni e dalle altre organizzazioni sociali territoriali Good Gym effettua una mappatura delle persone che hanno bisogno di un aiuto (come fare la spesa o qualche lavoretto in casa o in giardino) e verso le quali mette a disposizione il suo gruppo di runners volontari per raggiungerli in ogni posto della città.

Gli itinerari di allenamento in questo modo cambiano, portando i runners a scoprire nuove zone, variando così il percorso di allenamento. La formula di Good Gym infatti prevede un allenamento in corsa (a seconda dei volontari; sono consentite anche velocità di crociera molto modeste) compiuto per raggiungere e per tornare dall’abitazione del beneficiario, intervallato da una “buona azione”, ovvero un servizio a favore del beneficiario.

Spesso le “missioni” (vengono definite così gli interventi di buone azioni) sono eseguite in gruppo, da un’abitazione all’altra, ma è anche possibile, dopo un periodo di apprendistato, dare la propria disponibilità per offrire i propri servigi a persone che richiedono interventi quotidiani o settimanali.

Rete sociale come “logistica” di un territorio

La rete sociale che esperienze come Good Gym o Gute Gelaufen riescono a realizzare va dunque ben al di là di un intervento strettamente assistenzialistico, ma consente piuttosto l’implementazione di pratiche individuali (quella di voler correre) con pratiche sociali (nel senso più ampio; si tratta in definitiva di andare a far visita a persone care), dove le associazioni di volontariato e le altre organizzazioni del terzo settore svolgono qui una funzione regolatrice, quasi “logistica”.

Si tratta di due progetti molto interessanti che sicuramente sbarcheranno a breve anche in casa nostra. Resta però da tener in conto che tali progetti possono nascere soltanto su territori dove le associazioni del terzo settore possono fornire una rete sociale ed una logistica organizzativa adeguata all’incontro tra società attiva (come lo sono i runners nel caso londinese) e quella silente, troppo spesso dimenticata.

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Innovazione sociale a passo di fitness /2

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