Strategie di raccolta fondi per rilanciare le piccole associazioni “dormienti”

da | Visibilità e Comunicazione

Per le piccole associazioni no profit il problema della raccolta fondi si scontra generalmente su due scogli apparentemente insormontabili e decisivi. Divenendo, spesso, associazioni “dormienti”.

Le associazioni no profit di piccole dimensioni svolgono un ruolo decisivo nel welfare del territorio, intervenendo su problemi specifici e localizzati all’interno di una strada, di una piazza o di un piccolo quartiere. Si tratta di un no profit a misura d’uomo completamente diverso rispetto alle associazioni di entità più grandi, e con una diversa filosofia progettuale.

Offrendo un sostegno a determinati e specifici problemi, difficilmente queste associazioni riescono a sviluppare una mission che evade dalle stingenti necessità contingenti; i motivi risiedono nella struttura delle stesse associazioni e nel fatto, non trascurabile, che i suoi servizi sono sempre rivolti alle emergenze di un territorio, lasciando poco spazio ad una programmazione laterale.

Associazioni no profit “dormienti”

Compiere un programma di raccolta fondi in questi casi diventa davvero complicato, per due semplici ragioni; la mancanza di risorse umane e l’assoluta inesistenza di donatori “appetibili” all’interno delle proprie aree di influenza. Un problema che mina alla base l’operato di moltissime micro-associazioni e che determina spesso già in partenza l’aspettativa di vita delle stesse: dai 24 ai 36 mesi.

La metà di queste realtà infatti, pur continuando ad esistere, dopo tale periodo diventano completamente assenti sul piano operativo; “scatole vuote” che spesso lasciano un piccolo, ma sostanziale buco nel welfare di un territorio, che siano le attività di doposcuola o i servizi minimi di assistenza agli anziani.

Trovare i fondi necessari permetterebbe a queste realtà (almeno ad alcune delle risorse umane all’interno di esse) di poter continuare le attività, ma le strategie per una raccolta fondi vengono in genere abbandonate dopo pochi, timidi tentativi.

Pensare in grande

In questi casi rincorrere le strategie di raccolta fondi delle associazioni medie e medio-grandi (che possono vantare un nucleo di associati trasversale e diffuso su ampi territori) occorrerebbe allora cambiare profondamente angolatura del problema e comportarsi proprio come farebbe una grande organizzazione umanitaria. Il problema di dover allargare il proprio territorio di influenza economica per far fronte a progetti fortemente concentrati in determinati ambiti territoriali è infatti tipico di quelle organizzazioni che producono economie in paesi sviluppati con una raccolta fondi mirata, per poi utilizzarle in contesti in via di sviluppo.

La prima mossa da fare allora dovrebbe consistere nello stendere un progetto specifico e integrarlo ad una strategia di comunicazione finalizzata ad una raccolta fondi destinata a trovare finanziatori, donatori forti che possano inserirsi come benefactors in un progetto sociale specifico. Sono processi che possono essere compiuti anche in stato di “congelamento” da parte delle associazioni no profit non più operative, continuando così a lavorare sottotraccia. Se il tempo della propria piccola associazione sembra ormai finito, forse converrà modificarlo, declinandolo in una nuova prospettiva spaziale.

 

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