Si sta muovendo qualcosa nell’ambito del Reis, il Reddito di Inclusione Sociale promosso da 33 associazioni e cooperative tra i quali anche il Forum Nazionale del Terzo Settore presentata lo scorso luglio al Ministro del Welfare Giovannini. Il Reis, che si configura come Livello Essenziale, ha come obbiettivo il contrasto alla povertà assoluta e per le prossime settimane sono previste iniziative a Roma, Milano e Bari, volte alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

In sette anni, dal 2005 al 2012, le famiglie in povertà assoluta in Italia sono aumentate dal 4 al 6,8%, con un incremento del 70%. Lo stato sociale in Italia degli ultimi tre anni ha poi incrementato ulteriormente questo dato (9,9% nel 2013, ultimo dato documentato), fornendo le basi per un piano di intervento da parte di associazioni di volontariato e cooperative sociali che si è appunto concretizzato nel Reis. Nell’Europa a 27 soltanto l’Italia e la Grecia non hanno una misura nazionale contro la povertà assoluta, e il reddito d’inclusione sociale promosso dal Reis vuole inserirsi proprio in questa lacuna. Il principio è quello di colmare la differenza tra il reddito familiare e l’indice Istat di povertà assoluta, ma rilancia anche molti altri strumenti legati al welfare ed ai servizi alla persona.

Le associazioni no profit registrano da diverso tempo quest’urgenza e offrono un osservatorio sulle reali condizioni dello stato sociale ben sviluppato sull’intero stivale. Questo permette di affrontare il problema anche tenendo conto delle variazioni geografiche, ovvero variando gli importi da destinare a secondo del costo della vita nelle diverse aree.

Proprio la settimana scorsa il Reis ha lanciato la nuova proposta per il 2015 entrando di fatto in una seconda fase di sviluppo nel quale si intende avviare quella comunicazione sociale indispensabile per reperire le adesioni (leggi: firme) per poter portare questa misura ad un abbozzo di legge. La sensibilizzazione dell’opinione pubblica resta uno dei motivi principali, anche se paradossalmente, tanto più il dato della povertà assoluta cresce, tanto più risulta meno urgente l’attuazione di un piano di comunicazione.

Sul piano associativo, c’è da rimarcare il fatto che una tale alleanza tra associazioni no profit, associazionismo cattolico, sindacati, Confcooperative e Fondazioni non era mai stata costruita in Italia. Come si legge nella stessa Proposta 2015, è la prima volta “che un numero così ampio di soggetti sociali dà vita ad un sodalizio per promuovere adeguate politiche contro la povertà. La sua nascita costituisce un segno tanto dell’urgenza di rispondere al diffondersi di questo grave fenomeno quanto dell’accresciuta consapevolezza, in tutti i proponenti, che solo unendo le forze si può provare a cambiare qualcosa.”

Ci sembra questo un aspetto tutt’altro che secondario per il terzo settore italiano che sembra stia davvero diventando maturo e consapevole della propria forza lì dove riesce a concatenarsi in una rete sociale multilivello, capace forse, di indirizzare la stessa politica verso una ricucitura con lo stato sociale stesso.

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Le reti sociali del Terzo Settore

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