ECUADOR. Si vota per il referendum tra violenza e instabilità

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di Davide Matrone –

Pagine Esteri, 19 aprile 2024. In Ecuador domenica 21 aprile si terranno delle importanti elezioni. Quasi 11 milioni di ecuadoriani ed ecuadoriane andranno a votare dalle 7 alle 17 in 4.322 seggi elettorali distribuiti nelle 24 regioni del paese. Il voto è già cominciato nella giornata di ieri 18 aprile quando, secondo i dati emessi dal Consiglio Nazionale Elettorale dell’Ecuador, ben 5.388 detenuti in attesa di giudizio hanno hanno espresso preferenza in 41 carceri del Paese di 20 regioni. Le regioni con maggior presenza di detenuti votanti sono state: Guayas (2.584), El Oro (490), Los Rios (343) e Manabì (325). Le elezioni continueranno venerdì 19 con il “voto in casa” per gli elettori anziani e con handicap. I risultati di questi primi due momenti verranno poi accorpati a quelli della giornata di domenica.

Gli 11 quesiti referendari

Il popolo dell’Ecuador ritorna a votare per un Referendum ed una Consulta dopo appena 14 mesi. L’ultimo il 5 febbraio del 2023 con l’allora presidente Guillermo Lasso che incassò una sonora sconfitta per tutte le 8 domande. In questo caso, i quesiti proposti dal neo-presidente Daniel Noboa sono 11 di cui 5 per il Referendum (proposta di riforma Costituzionale) e 6 per la Consulta Popolare su temi per la gestione della sicurezza.

Dal primo pacchetto delle 5 domande referendarie, alcune hanno generato maggior dibattito e confronto tra i partiti politici, i mezzi di comunicazione e gli ambienti accademici. È il caso della domanda numero 4 sull’arbitraggio internazionale e la 5 sul contratto lavorativo a ore. Sulla prima l’attuale presidente ha puntato molto: vorrebbe generare maggiori spazi e possibilità per attrarre investimenti di capitali stranieri. Tuttavia, le critiche di una parte del mondo politico – la CONAIE in particolare – e dell’Accademia si concentrano sul fatto che non l’arbitraggio internazionale non è riconosciuto anche come metodo per risolvere le controversie in materia d’investimenti, contrattazioni e commercio. Le critiche che vengono dalle opposizioni sono relative agli avvenimenti dello scorso 5 aprile durante l’assalto all’ambasciata messicana. I partiti e le organizzazioni sociali dichiarano che c’è una forte contraddizione da parte del governo: punta all’attrazione di investimenti e capitali stranieri in Ecuador ma allo stesso tempo fa in modo che gli stessi Paesi si allontanino dall’Ecuador per le presunte violazioni del diritto internazionale e d’asilo politico avvenuti i primi giorni di aprile. Per l’assalto all’ambasciata messicana l’Ecuador ha già incassato la condanna dell’OEA, della CELAC, del MERCOSUR. Ora dovrà vedere cosa succederà alla Corte Internazionale di Giustizia e all’ONU in merito alla richiesta del Messico di espellere l’Ecuador dall’Organizzazioni delle Nazioni Unite. La Corte Internazionale di Giustizia tratterà il caso il prossimo 29 aprile. Nel frattempo Messico, Nicaragua e Venezuela hanno chiuso le loro sedi diplomatiche a Quito e la Colombia ha congelato il gabinetto bilaterale con l’Ecuador.

Rispetto alla domanda 5 che chiede che si riformi la Costituzione della Repubblica e il Codice del Lavoro per il contratto di lavoro fisso e ad ore, anche qui si è generato abbastanza confronto. In questa domanda si vuole precarizzare e flessibilizzare la contrattazione lavorativa con l’introduzione di una miriade di contratti part-time, a progetto, a prestazione e a chiamata, legittimando le relazioni di forza a favore della classe imprenditoriale a discapito dei lavoratori e delle lavoratrici. Processi e fenomeni che anche noi in Italia conosciamo e viviamo da tempo, purtroppo. Tuttavia, una cosa è introdurre (e poi diffondere) la precarietà lavorativa in Italia e in Europa dove nei decenni passati si è costruito un sistema produttivo nazionale e uno Stato sociale medio-alto, altra cosa è applicarlo in Ecuador e in America Latina, dove lo Stato è minimo o assente e lo stato sociale è ancora un miraggio. Secondo alcuni istituti di sondaggi (Cedatos, Perfil de Opinión e Comunicaliza) che circolano in questi giorni, per  questi due quesiti c’è ancora incertezza e questo fa pensare che addirittura possa vincere il No. È da vedere.

Per le altre domande sulla sicurezza, invece, sembrano non esserci dubbi sulla vittoria del Sì, vista la paura e l’insicurezza che si è generata da tempo nella popolazione ecuadoriana. Le proposte, purtroppo, sono tutte di matrice repressiva e neoliberista: si chiede che le Forze Armate siano di appoggio complementario alle Forze di Polizia per combattere il crimine organizzato o che facciano maggiori controlli di armi, munizioni ed esplosivi nei centri penitenziari. Una serie di misure mirate alle repressione senza considerare le misure preventive in campo sociale ed economico. I tagli all’educazione pubblica e alle Università per 3 milioni di dollari dello scorso febbraio, confermano la tendenza neoliberista del governo attuale. Combattere la delinquenza e la criminalità senza analizzare il nascere e il consolidarsi dei processi delinquenziali non è affatto sufficiente. Inoltre, combatterlo solo ed esclusivamente con la repressione e non con la prevenzione non serve in quanto è con maggiori e ingenti risorse per il lavoro, la salute, l’educazione e la formazione che si combatte la dispersione scolastica, la disoccupazione e la decomposizione sociale che alimentano la delinquenza e il crimine.

La strategia politica errata del presidente in piena campagna referendaria.

Questa campagna referendaria è stata abbastanza sotto tono. Anche perché c’è una certa stanchezza nell’elettorato chiamato a votare ogni anno. Da queste parti inoltre, pare che ogni presidente debba per forza convocare un Referendum, in caso contrario sembrerebbe non compiere il suo dovere al 100%. Diciamo che è uno strumento usato come termometro politico. Questa campagna partita in sordina per quasi tutto il tempo, poi si è animata negli ultimi giorni anche in base a degli avvenimenti circostanziali e congiunturali: la settimana di sangue durante le feste pasquali di fine marzo, con un saldo di quasi 20 morti nelle regioni di Manabi e Guayas; l’aumento dell’IVA dal 12% al 15% ad inizio aprile; l’assalto all’Ambasciata messicana il 5 aprile; i black-out e la crisi energetica degli ultimi giorni. Avvenimenti che hanno riposizionato i temi della consulta nell’agenda dei mass media, nel dibattito politico dei partiti politici e dell’opinione pubblica. Però questi ultimi avvenimenti citati non hanno giovato e non giovano il Governo e il Presidente che registra un calo di popolarità, passando dall’85.47% del 22 gennaio del 2024 ad un calo di 12-15% in 60 giorni, secondo vari sondaggi. La misura che ha generato il maggior calo del consenso è stata, senza dubbio, l’aumento dell’IVA al 15% di 2 settimane fa. Ora bisogna considerare la crisi energetica di questi giorni che colpisce tutto il paese con una riduzione di energia elettrica giornaliera che è passata dalle 3 ore dello scorso 15 aprile alle 8 ore dei giorni 18 e 19 aprile. Le strategie politiche da parte del governo hanno peccato molto in comunicazione politica e nel calcolo dei tempi politici. Nel primo caso, non c’è stata una buona ed efficace comunicazione e in alcuni casi è risultata contradittoria, tardiva e non affine alla congiuntura. Inoltre, esiste un elemento che non beneficia il Presidente, cioè il ritorno alla vecchia e trita dicotomia correismo e anti-correismo. Noboa, nel suo discorso d’insediamento del mese di novembre del 2023, aveva fatto intendere che avrebbe aperto una nuova stagione politica non più caratterizzata da vecchie contrapposizioni ideologiche. Ma con gli ultimi avvenimenti si è ritornati a questa disputa che polarizza il campo mediatico e politico e la quasi assenza di una società civile colta e interessata non aiuta ad uscire da questa noiosissima empasse.






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