Continuiamo la nostra analisi tra crowdfunding e no profit incrociando i dati del Report sul crowdfunding in Italia con quello di Aiccon per cercare di leggere il futuro della raccolta fondi delle associazioni no profit e le sue evoluzioni.

Se il Report 2015 considera l’intero panorama delle piattaforme di crowdfunding, decifrando così le cifre degli investimenti di profit e no profit, per comprendere i possibili nuovi scenari nella raccolta fondi per le associazioni no profit si rende necessario incrociare diversi dati.

Aiccon e Ubi Banca ad esempio presentarono tempo fa un Osservatorio per comprendere la “bancabilità” delle imprese del no profit, così come l’Istituto Italiano per la Donazione che si è anch’esso occupato recentemente dell’intreccio tra no profit e raccolta fondi.

Sulla base di questi elementi è allora possibile cominciare a tracciare una mappa degli investimenti delle associazioni no profit e comprendere quali strategie sembrano orientare i prossimi sviluppi.

Nei primi sei mesi del 2015 le donazioni per il no profit subivano un calo del 33% mentre le piattaforme di crowfunding registravano un calo nettamente minore. La seconda parte dell’anno è stata molto più proficua permettendo poi quasi di raggiungere il dato 2014 nel complesso delle donazioni (complesso nel quale si articolava anche il dato positivo del crowdfunding).

Si è così cominciato ad assistere nel corso del 2014, e poi in maniera ancor più evidente nel 2015 un andamento contrario tra il totale delle donazioni e la quota delle donazioni legate alle attività di crowdfunding. Tale dato è frutto di una diversa disponibilità, da parte del pubblico, alla donazione verso il no profit prediligendo forme di donazione “nominali”.

Si tratta delle donazioni effettuate alle grandi organizzazioni indipendentemente dai progetti sociali o che sono indirizzate su un determinato progetto con grandi flussi di risorse in un tempo molto breve, come accade nelle campagne SMS per le emergenze o in occasione delle Giornate Internazionali legate alla ricerca.

Questi aspetti costituiscono una peculiarità del nostro Paese che sembra capace di trovare risorse enormi unite ad un senso profondo di solidarietà che indubbiamente ci fa onore e ci colloca tra i paesi più attivi sotto nelle campagne di raccolta fondi, ma che nel complesso si traduce poi in una minore capacità di sposare le “buone abitudini” di sostenere con costanza progetti sociali “indipendenti”.

Su questo punto infatti siamo molto indietro donando appena la decima parte (in proporzione al numero degli abitanti) rispetto ad un paese come gli Stati Uniti dove la cultura del crowdfunding è indubbiamente molto più diffusa.

Tale cultura però si diffonde soprattutto grazie a due elementi inscindibili tra loro:

  • La circolazione del denaro nel mercato del web
  • La reputazione del mercato del web

Su tali punti l’Italia da qualche anno si è messa seriamente a correre grazie soprattutto ai colossi delle vendite on line. Per ciò che riguarda le donazioni però il secondo punto, la reputazione del mercato, sembra ancora non riuscire a fornire, per il no profit, la reputazione adeguata.

Il 91% delle campagne di crowdfunding finanziate è compresa tra i 1.000 e i 10.000 euro; un po’ poco. Il dato è ancora più emblematico per la cifra donata dove le due percentuali maggiori risultano spaccare in due il Paese non solo per Classe sociale, ma anche per capacità di convincimento. Il 23%  delle donazioni è tra i 5 e i 10 euro, percentuale che crolla non appena si passa tra gli 11 e i 20 euro (14%) mentre il 16% compie donazioni oltre i 100 euro.

Ma soprattutto il dato della reputazione per le campagne di raccolta fondi per il no profit potrebbe essere migliore se le piattaforme prevedessero il monitoraggio dei progetti, cosa che riguarda invece solo poco più di una piattaforma su due (57%).

A quali conclusioni si può allora giungere da queste premesse? Nel prossimo capitolo proveremo a definire l’orientamento delle campagne di donazione che le piattaforme di crowfunding prefigurano per il biennio 2016-2017.

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Il crowdfunding e la salute di un Paese (II parte)

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